Anche se per tante persone queste due materie non possono essere più lontane, in realtà sono molto vicine.

Mi viene in mente l’antico concetto di Musica Universalis secondo la quale il movimento dei pianeti è musica nel senso di moto armonico ispirato anche dall’antica conoscenza dell’armonia musicale, come già studiato da Pitagora.

Musica e fisica utilizzano lo stesso linguaggio: quello della matematica. Entrambe nascono da vibrazioni, spesso armoniche.

Siamo circondati da vibrazioni! Percepiamo un ritmo come delle pulsazioni distinte. Quando il ritmo viene scandito velocemente diventa vibrazione. Ritmo e suono fanno fondamentalmente parte dello stesso processo fisico, semplicemente sentiamo frequenze diverse in modo diverso. Come guardare un fuoco e assorbire il suo calore: onde elettromagnetiche con frequenze diverse. O, come le note in uno spartito indicano ritmo e frequenze che, suonate, diventano musica.

La creazione di un suono richiede una sorgente vibrazionale (uno strumento musicale) che risuona a certe frequenze caratteristiche. E’ necessaria energia per creare suoni: per colpire uno strumento, soffiare, far vibrare una corda, un’ancia, una colonna d’aria. E l’energia del suono viene trasportata da un luogo a un altro tramite onde.

IL DIDGERIDOO

E’ uno strumento molto antico degli aborigeni australiani. Per loro il suono del didgeridoo rappresenta la creazione, i tuoni, il serpente, la terra. Le loro storie vengono trasmesse tramite canti accompagnati dallo yidaki ( nome da loro usato per il didgeridoo). Per loro è uno strumento sacro e la sua voce ancestrale li riporta nel “tempo dei sogni”.

Nonostante la sua apparente semplicità nelle forme, lo yidaki può produrre suoni molti complessi a livello timbrico. Stà nella maestria del suonatore modularne il timbro utilizzando l’apparato respiratorio, dalle labbra ai muscoli dell’addome e del diaframma. Il musicista si fonde con lo strumento plasmando il suono in maniera personale.

Come il buco nero è la più semplice forma non triviale del campo gravitazionale che però interagisce con le onde gravitazionali in modo molto complicato, così, da fisico teorico, mi affascina altrettanto la semplice complessità dello yidaki.

Mi è stato chiesto diverse volte dagli alunni di portare in classe il didgeridoo. Credo sia un’ottima occasione per poter trasmettere ai ragazzi/e la tecnica base dello strumento allargando la spiegazione all’acustica e alle risonanze, e all’interazione tra queste e le onde sonore emesse che noi interpretiamo come musica.

E… chissà…. Magari l’orchestra potrà arricchirsi di una nuova “voce”…….

 

Maestro Martin

 

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